Gesù, al pozzo di Giacobbe, incontra la donna samaritana

Gesù, al pozzo di Giacobbe, incontra la donna samaritana

“Doveva passare la Samaria”, di per sé non era necessario, poteva seguire la via normale della Transgiordania evitando questa terra considerata infedele. La Samaria si era separata da Israele ai tempi di Geroboamo, nel 930 a.C.. Era un popolo poco considerato dagli israeliti. Gesù invece guarda a questa regione, evidenzia il comportamento virtuoso di alcune persone di quei luoghi: il buon samaritano (Lc 10,29-37), il ringraziamento di uno dei dieci lebbrosi guariti (“era samaritano”) (Lc 17,11-19), questa donna samaritana (Gv 4,5-42)... Ha a cuore la loro evangelizzazione.

“Se tu conoscessi il dono di Dio” dice Gesù alla donna samaritana. Le chiede: ”Dammi da bere”; lei stessa ha sete di qualcosa che doni miglior senso alla sua umanità. Si sta parlando di “un’acqua viva”: dell’amore del Padre e del Figlio, che Gesù ha sete di donare a ogni sorella, a ogni fratello.

Nel Vangelo di Giovanni, dopo l’incontro e la chiamata dei primi discepoli, dopo l’incontro, di notte, con il dottore della legge, Nicodemo, c’è questo dialogo con la donna della Samaria.
È l’indicazione chiara che nel pensiero di Gesù, il Vangelo deve essere annunciato a tutti, a chi diventerà familiare di Gesù; a chi ha sempre accolto nella sua vita i dettami della Torah; agli uomini e alle donne che hanno un preciso percorso di fede; ma anche a chi non conosce il Padre. Se Nicodemo e, parzialmente, gli apostoli, rappresentano l’itinerario tipico del popolo d’Israele, la donna evidenzia quello più universale, che parte dalla “sete” comune di tutti e “acqua” che appaga. Anche chi conosce la legge e la profezia approda a Dio solo se dà concretezza alla sete dei suoi desideri più profondi.

Dopo il prologo, dove si tesse la lode della Parola (1,1-18), protagonista di fondo del racconto evangelico è l’acqua. Ci sono però acque diverse; c’è quella stagnante che non disseta e non dà freschezza; c’è quella che zampilla, che è mossa dall’amore, che dona frutti anche per la vita eterna. Nei primi capitoli del 4° Vangelo c’è l’acqua del Battesimo proposto da Giovanni il Battista; c’è l’acqua del Giordano in cui Gesù si immerge per il Battesimo di penitenza; c’è l’acqua per la purificazione nelle sei anfore delle nozze di Cana; c’è la nascita dall’acqua e dallo Spirito nel dialogo con Nicodemo; c’è l’acqua che disseta per tutta la vita nel colloquio con la samaritana. Là dove, nella quotidianità, attingiamo acqua da Gesù, che è la fonte che disseta, rinfresca e purifica dalle nostre incrostazioni, dalle nostre fragilità, là noi viviamo una reale profondità di sequela; non si resta alla superficie della “buona notizia” del Vangelo; si coglie e si vive l’essenziale.

Il racconto è un dialogo tra la Parola e l’ascoltatore; quindi, è un confronto da attuare anche da ciascuno di noi. In alcuni momenti della nostra vita possiamo muovere i nostri passi verso dei rivoli periferici; gradatamente ci si allontana dalla sorgente. È l’incontro con Gesù che cambia la vita; è il permettere a Lui di parlare al profondo del nostro cuore e di dissetare la nostra sete di verità e di amore. La Quaresima è “momento favorevole” per dare determinazione a pensieri e scelte che diano qualità alla nostra esperienza spirituale.

Don Peppino