LA PENTECOSTE – IL DISCORSO DI PIETRO ALLE FOLLE (Atti 2,1-41)
L’EVENTO DELLA PENTECOSTE
La Pentecoste è momento decisivo per la nascita della comunità cristiana:
“Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.
Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio». Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: «Che significa questo?». Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di mosto».” (Atti2, 1-13)
- L’evento della discesa dello Spirito Santo si personalizza su coloro che sono presenti “nello stesso luogo”, presumibilmente nella sala del Cenacolo.
La presenza dello Spirito viene accompagnata da un “fragore”, come un “vento”, che arriva all’improvviso e si abbatte “impetuoso”.
“Apparvero lingue come di fuoco che … si posarono su ciascuno di loro”, tutti sono “colmati di Spirito Santo”. Lo Spirito dà loro il potere di “esprimersi in altre lingue”.
- A motivo del “fragore”, descritto precedentemente, una folla di questi giudei si riversa nella piazza della città. Provano una grande meraviglia perché “ciascuno udiva parlare gli Apostoli nella loro lingua”.
L’autore del testo si sofferma quindi ad elencare i paesi di provenienza di questi “giudei osservanti”, ne elenca sedici. La sua attenzione è posta proprio sul fatto che questi non sono pagani, alcuni erano di famiglia originaria di Israele, altri avevano accolto la religione ebraica; nei capp. 8, 10, 11 degli Atti, in maniera evidente, l’annuncio del Vangelo viene offerto anche ai pagani: l’etiope eunuco della corte della regina Candace, il centurione romano Cornelio e i suoi familiari, l’annuncio ai Greci da parte della comunità di Antiochia. Il centro dell’evangelizzazione è ora Gerusalemme, ma si abbozza però già una destinazione universale.
Ricordiamo che la missionarietà non è frutto di una strategia; la Chiesa, il singolo credente sono costitutivamente missionari. Ricordiamo l’annotazione del Card. Martini: “Il Signore mi conferma che la missione non è lontana da me e non mi deve provocare né fastidio, né paura; la missione sono io, è la mia verità di uomo, è la mia riuscita; non è altro da me; ciò che importa è che io resti unito al Signore”.
- Già nell’Antico Testamento ci sono episodi che ci raccontano come le manifestazioni di Dio siano spesso circondate dalla presenza di fenomeni atmosferici ben visibili. Ricordiamo il cap. 19 dell’Esodo dove si descrivono i preliminari dell’Alleanza tra Dio ed il popolo e il dono della Torah; lì si evidenzia la volontà di Dio.
- Ci fermiamo sui primi quattro versetti.
Gli Apostoli, Maria e le donne si ritrovano “tutti insieme, nello stesso luogo”; devono trovare le motivazioni profonde per proseguire sul percorso indicato dal Signore Gesù; occorre saper ascoltare e meditare. Al cuore del cammino sta la scelta della buona relazione con il Signore; Lui ci aiuta a comprendere ciò che è opportuno annunciare; e ci fa percepire anche la modalità dell’annuncio. Il vivere insieme non è mai accompagnato dalla chiusura rispetto agli altri, dall’incapacità a comunicare la bellezza della sequela. La comunicazione nella fede è motivo di reale crescita spirituale.
DISCORSO DI PIETRO NEL GIORNO DI PENTECOSTE
- “Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole: questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino. Accade invece quello che predisse il profeta Gioele: Negli ultimi giorni, dice il Signore, Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni.
E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno. Farò prodigi in alto nel cielo e segni in basso sulla terra, sangue, fuoco e nuvole di fumo. Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue, prima che giunga il giorno del Signore, giorno grande e splendido. Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”. (Atti 2, 14-21)
- In un discorso pubblico Pietro interpreta l’evento di Pentecoste.
Nei suoi testi Luca pone sempre dei discorsi come spiegazione dei fatti avvenuti. Qui ricorre al profeta Gioele: “Avverrà negli ultimi giorni: su tutti effonderò il mio Spirito; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno…” (2, 1-5).
Anche nel suo discorso Pietro afferma che è necessario far crescere, nel rispetto e nell’apprezzamento, le varie differenze; coesistendo positivamente, si promuove comunione. L’accoglienza dello Spirito favorisce una fraternità che testimonia nella comunità la presenza dell’amore del Signore. La Chiesa è una comunità profetica; e si è profeti se ci si lascia illuminare dallo Spirito, se si aderisce alla sua proposta: “chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato”.
- Atti 2, 22-36 è la parte più importante di tutto il discorso di Pietro; riguarda Gesù e il suo compito nella vita terrena e, nei secoli, accanto alla Chiesa. Il centro della storia di ogni tempo è il Signore che risorge e vince la sua e la nostra morte.
Dio lo ha risuscitato dai morti e la risurrezione del Cristo è il vero evento a cui tutto va rinviato. La responsabilità della sua morte è di coloro che non l’hanno accolto come Figlio di Dio: “Voi per mano dei pagani l’avete crocifisso e l’avete ucciso; ma Dio lo ha risuscitato …” (2, 33-34).
- Il discorso di Pietro non vuole però condurre chi lo ascolta all’antigiudaismo; la promessa è finalizzata anche alla conversione del popolo d’Israele; resta sempre all’orizzonte la fiducia, significata dal Salmo 16,11: “Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”.
“All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse: «Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro».” (Atti 2, 37-39).
Qual è la reazione al discorso di Pietro? “Si sentirono trafiggere; …che cosa dobbiamo fare?”.
Pietro indica i due passi fondamentali: “Convertitevi e credete al Vangelo”; il perdono dei peccati si concretizza con l’accoglienza del dono dello Spirito.
A motivo di questo un gran numero si aggregò alla Chiesa; viene descritta, di seguito, l’intensità di sequela della prima comunità cristiana: (Atti 2,42-47).
Per continuare a riflettere e a interrogarci…
“Dà a questi miei fratelli il coraggio di osare di più, la capacità di inventarsi, la gioia di prendere il largo; fa provare, a questa gente che lascio, l’ebbrezza di camminare insieme; donandole una solidità nuova, una comunione profonda, una cospirazione tenace. Falle sentire che per crescere insieme, non basta tirar fuori dall’armadio del passato i ricordi splendidi e fastosi di un tempo; occorre spalancare la finestra del futuro progettando insieme, osando insieme, sacrificandosi insieme”.
(+ Tonino Bello)
- La missione non è lontana da me, non mi deve provocare fastidio; fa parte del mio credere. È quanto tento di realizzare nella mia vita?
- Nel cammino quotidiano, all’interno della comunità cristiana, non è importante uniformarsi, stare soprattutto o solo con coloro che hanno le mie stesse sensibilità e i miei stessi sentimenti, occorre rispettare e gioire delle risorse e delle buone attitudini di tutti…. Succede così nella mia vita?