“Gesù diceva ai Giudei che gli avevano creduto”.
Questi giudei avevano apprezzato le sue parole; erano state convincenti; ma non credevano ancora in Lui; non volevano fidarsi e affidargli la loro esistenza. Si possono infatti accogliere le parole di Gesù su Dio. È una fede che sta iniziando a balenare nella propria vita, ma, se non fiorisce nell’adesione a una persona concreta, al Figlio di Dio, essa può risultare vana. Oltretutto per aderire a Gesù non basta dar credito alle sue parole; occorre “dimorare” nella sua Parola: “se voi dimorate nella mia parola”. La Parola è la casa dove il nostro cammino spirituale abita; “dimorare nella parola” significa ascoltarla, meditarla, viverla.
“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.
Dimorare nella Parola significa avere con essa quella familiarità che ci assimila ai pensieri e ai sentimenti del Signore Gesù; Lui ci aiuta a conoscerlo nella profondità delle sue scelte; ci aiuta a comprendere veramente chi è Lui e chi siamo noi. Si pone sulla strada della nostra vita e ci dona luce per conoscerlo, per amarlo, per volerci più bene. Del resto la verità è conosciuta solo da chi la vive e nella misura in cui la vive. La verità proposta da Gesù, il Figlio di Dio, ha l’obiettivo di aiutarci a rimanere liberi (Gal. 5,1 ss). È costante il pericolo di rimanere nella schiavitù. Come per Israele, uscito dall’Egitto, così anche per noi la libertà è minacciata dalle difficoltà e dalle prove del cammino; l’accoglienza della sua Parola dona luce, conforto e determinazione a coniugarla nella nostra esistenza.
“Noi siamo stirpe di Abramo”.
Per undici volte risuona il nome del Patriarca. È lui il primo uomo che ha dimorato nella Parola. Per questo si è fidato; si veda in Gn 18,1-10 l’episodio alle Querce di Mamre e quello del sacrificio di Isacco (Gn22,1-14). L’uomo è figlio di colui nella cui parola ripone fiducia. Gli ascoltatori di Gesù presumono di essere liberi perché discendono da Abramo. Non sono però suoi figli se non agiscono con la fiducia nel Padre che lui ha avuto. La vera libertà non è richiamare Abramo e le promesse che il Signore Dio gli ha fatto, ma essere come Gesù, in comunione profonda con il Padre.
La parola verità è particolarmente cara all’evangelista Giovanni; viene utilizzata nel suo Vangelo venticinque volte; solo tre volte viene invece scritta da ognuno dei sinottici, Matteo, Marco e Luca. In particolare, per Giovanni la verità non è un’idea; è una persona concreta: Gesù di Nazareth. Egli, con ciò che compie e afferma, è la verità di ogni uomo; rivela sé come Figlio di Dio e conferma noi come suoi fratelli, anche noi figli di Dio. Dalla consapevolezza di questa verità nasce la scelta di plasmare, con libertà profonda, gli atteggiamenti quotidiani della nostra esistenza: liberi di compiere sempre scelte che danno spessore ai nostri giorni; mai asserviti allo spirito del male che ci allontana dal bene che possiamo, invece, gustare e testimoniare.
Don Peppino