San Giuseppe, icona di silenzio e docilità

San Giuseppe, icona di silenzio e docilità

Il salmo 118 descrive, a mio avviso con grande chiarezza, il percorso di vita di S. Giuseppe: “Beato l’uomo di integra condotta, che cammina nella legge del Signore. Beati chi è fedele ai suoi insegnamenti e lo cerca con tutto il cuore..., nella tua volontà è la mia gioia; mai dimenticherò la tua parola”.
Per ogni persona la scelta fondamentale è quella di saper fiorire là dove il Signore lo ha piantato; è nell’esercizio del quotidiano che noi diamo qualità alla nostra esistenza. Giuseppe, di fronte a una proposta non facile, ha accolto la Parola del Signore nella sua vita e ha dato concretezza alle sue richieste. In lui la fedeltà si è evidenziata come un dono, come un servizio offerto all’umanità; certo la prova, la fatica, lo smarrimento non sono rimasti estranei alla sua esperienza; del resto non sarebbe significativa una fedeltà che si giocasse in assenza di problemi. Proprio Giuseppe, che si è lasciato affascinare dalla fedeltà assoluta del Signore Dio, può sostenere e confermare il nostro cammino di perseveranza. Lasciamoci guidare dalle Scritture e, in particolare, dal Vangelo di Luca. La presenza di Giuseppe nel terzo vangelo è discreta; è comunque sempre segnalata con particolare attenzione. È con la salita di Giuseppe dalla Galilea a Betlemme, nella città di Davide, insieme a Maria, per il censimento, che inizia il racconto della natività, nel chiaro intento di sottolineare che Gesù discende da Davide, la cui tribù avrebbe dato alla luce il Messia. Il ruolo del falegname di Nazaret appare fondamentale; pertanto, al culmine della manifestazione ai pastori nella notte di Betlemme, egli viene “ritratto” accanto a Maria e al Bambino: “Andarono... e trovarono Maria e Giuseppe e il Bambino, adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16). 

Continuando il racconto dell’infanzia di Gesù, Luca presenta sempre Giuseppe insieme a Maria, come genitori (Lc 2, 27-41), “il padre e la madre” di Gesù (Lc 2, 33); “tuo padre e io” dice Maria a Gesù (Lc 2,47). Come tali, essi adempiono le prescrizioni della Legge, conducendo Gesù al Tempio prima per la circoncisione, quindi per la sua presentazione al Tempio quale primogenito maschio (Lc 2, 21- 22); poi, di nuovo per la Pasqua, con il figlio dodicenne (Lc 2,41-42). Ora, da un lato, Giuseppe condivide con Maria lo stupore, anzi l’incomprensione di fronte a un mistero che li supera (Lc 2,48- 50); dall’atro, Giuseppe, insieme a Maria, esercita l’autorità di genitore su quel figlio che, pur avendo Dio per Padre (Lc 2,49), resta loro sottomesso (Lc 2, 51). Questa profonda tensione che attraversa tutto il racconto viene a sciogliersi nella solenne genealogia di Gesù collocata da Luca all’inizio del ministero pubblico (Lc 3, 23-38). È una sintesi profonda, quella offerta da Luca, del ruolo fondamentale di Giuseppe nella vicenda di Gesù, e dunque nell’intera storia di salvezza; e ciò proprio nel porsi a servizio di quella duplice identità del figlio di Dio fatto uomo che è la radice stessa della nostra salvezza. Purché non se ne faccia motivo di scandalo, come avviene agli abitanti di Nazaret (“Non è costui il figlio di Giuseppe?” Lc 4,22); la si accolga invece con la stessa fiducia incondizionata, che Giuseppe incarna sempre. Il silenzio, la docilità, la mitezza di Giuseppe siano luce per le nostre scelte quotidiane. Anche il nostro cuore sarà invaso dalla pace che il Signore ha donato a chi ha fatto luce nella vita di Gesù.