“Il giorno seguente, la grande folla che era venuta alla festa, udito che Gesù veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscì incontro a Lui, gridando: - Osanna … - “.
È il giorno dopo la cena di Betania, dove è presente anche Lazzaro, appena tornato in vita; Gesù sceglie di entrare in Gerusalemme per il momento finale e decisivo della sua presenza sulla terra. La città è piena di pellegrini venuti per celebrare la Pasqua, la festa che faceva memoria della liberazione dalla schiavitù in terra di Egitto.
Il giorno prima Gesù aveva vissuto, con la famiglia amica, una cena festosa: Lazzaro era vivo tra loro. Ora si incammina verso Gerusalemme per la sua Pasqua. Torna definitivamente in quella città che aveva visitato da piccolo, ma anche all’inizio del suo mandato, subito dopo il primo dei grandi segni, quello delle nozze di Cana (Gv 2,1-12). L’evangelista Giovanni racconta comunque di una folla che gli viene incontro; desidera lodarLo e ringraziarLo.
Con palme, canti e suoni si era celebrata anticamente la vittoria di Simeone (1 Maccabei 13,51); con palme, una folla numerosa celebra la salvezza di Dio e dell’Agnello (Apocalisse 7,9); qui, si celebra anticipatamente la vittoria di Gesù sullo spirito del male: “Ora il figlio dell’uomo è stato glorificato e Dio è stato glorificato in Lui” (Gv 13,31).
“Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra”. La folla acclama Gesù; lo riconosce come suo Messia; ha in mente però un Messia che ridoni libertà al popolo d’Israele. Ancora una volta Gesù vuole fare chiarezza su questa ambiguità. Esprime la propria regalità montando su un asinello. È un animale umile, votato al servizio; ricorda così la sua scelta: quella di essere un re, mandato dal Padre; un re che sceglie di essere umile; ci dà testimonianza e provoca anche noi ad essere al servizio di ogni persona; anche noi al servizio gli uni degli altri. La sua indicazione è chiara; il suo regno si fonda sull’amore e sull’attenzione verso le persone fragili e povere. Nel suo percorrere per le strade della Palestina Gesù ha donato pane, ha guarito, ha fatto tornare alla vita. Tutto questo conferma la modalità con cui regna: quella di prendersi cura di ogni fratello, di ogni sorella; in comunione tra di noi, ma per essere al servizio di tutti.
La sua regalità passa attraverso il dono di una profonda libertà; quella che ha dichiarato apertamente allo spirito del male quando l’aveva tentato nel deserto; quella che ha donato alla donna samaritana che avvertiva l’opportunità di una esistenza spesa meglio e corre poi ad annunciare la sua luce interiore, la sua gioia ai compaesani.
Gesù offre una testimonianza sulla ricerca autentica della verità che conduce alla libertà; i giudei, con cui ha discusso a lungo, non hanno voluto comprendere il suo pensiero, l’opportunità di avere uno sguardo maggiormente caratterizzato dall’amore; il cieco nato, ad esempio, ha imparato invece da Lui a vedere e a vedersi; riconosce Gesù e, nella modalità della sua presenza, vede Colui che dona speranza e pace interiore. E questo procedimento si concretizza nella parte finale del testo: “I suoi discepoli, in quel momento non compresero queste cose; ma quando Gesù fu glorificato, si ricordarono che di Lui erano state scritte queste cose e che a Lui le avevano fatte”.
Una folla entusiasta accoglie Gesù quando si avvicina a Gerusalemme; anzi gli va incontro mentre, con i suoi discepoli, Lui si dirige verso la Città Santa. La folla ha ben chiara davanti a sé l’immagine di Gesù che si è preso cura delle persone, compiendo miracoli e dando loro da mangiare in abbondanza, pur avendo tra le mani solo cinque pani e due pesci.
D’altra parte Gesù non solo viene incontro alle esigenze fisiche delle persone, ma sa ridonare la vita anche a chi è morto; nei giorni precedenti aveva risuscitato Lazzaro. Di fronte a questa manifestazione di gioia e di rispetto, le autorità provano solo disagio e rabbia. Ma il Signore Gesù, pur precisando il suo ruolo, non si sottrae alla semplicità e alla schiettezza dell’entusiasmo della folla. È però un entusiasmo che avrebbe bisogno di non essere solo frutto di emozione. Solo il sostare di fronte alle sue scelte, solo il dimorare nella sua Parola può far diventare una grande gioia opportunità concreta di cambiamento della vita e di maturazione di scelte importanti.
A partire dal martirio di Stefano crescerà una comunità capace di lodare Dio, di pregarlo con assiduità, di vivere l’Eucarestia e di avere attenzione per i poveri, sperimentando una profonda comunione (Atti 2 e 4).
Gv 12,4 ci ricorda che l’ingresso di Gesù conferma la presenza di un Messia mite e povero. Lo spirito del male, nel deserto, gli aveva prospettato un messianismo all’insegna dell’apparenza, del potere, del possedere; Gesù si era sottratto, dichiarando che tutto ciò era idolatria. E il credente sa di essere chiamato a vivere nella società attraverso le scelte di premura, di attenzione, di donazione di sé stessi; infatti “chi vuol salvare la propria vita, - tenerla esclusivamente per sé – la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Lc 9,24). Ci sono persone che attendono la testimonianza di quell’amore che il Signore ci ha donato.
Don Peppino