Al centro della quarta domenica di Quaresima vi è il tema della Luce, meglio dell’illuminazione, del passaggio dal buio al bagliore del giorno; è la tematica espressa dalla guarigione dell’uomo, cieco dalla nascita; è un racconto che acquista il senso di un cammino pedagogico verso la fede in Cristo.
L’indicazione dell’apostolo Paolo, nella lettera agli Efesini, è molto chiara: “Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore: camminate dunque come figli della luce” (5,8).
Con la luce che il Signore ci offre occorre riuscire a discernere, se possibile con chiarezza, i passi che occorre compiere.
L’illuminazione, che ci è stata donata nel Battesimo, deve essere rivisitata spesso; occorre che sia sprone al nostro percorso quotidiano di conversione.
Il discernimento è un vedere che va molto oltre il semplice guardare: è un vedere che diviene valutazione, giudizio in vista di una scelta. Il discernimento non è dato da una particolare intelligenza, di cui una persona potrebbe essere dotata; non è offerto da una penetrante capacità di analisi psicologica e neppure da un percorso spirituale accompagnato da molte preghiere; è frutto di una relazione tra colui che vuole dare migliore qualità alla propria vita, tra la realtà entro cui deve essere espressa una determinata valutazione e la presenza del Signore , in particolare della sua Parola, dentro la nostra esistenza. Noi sappiamo, oltretutto, che spesso i pensieri del Signore non sono come i nostri pensieri.
Occorre far crescere una profonda libertà nei confronti delle scelte maggiormente presenti nella nostra vita e una docilità interiore, maturata nelle vicende quotidiane della nostra esistenza.
Il testo che abbiamo ascoltato pone subito davanti ai nostri occhi il problema di guardare a un uomo concreto, che è cieco dalla nascita. Compaiono subito i temi del vedere, della cecità e anche della nascita; quest’ultima è simbolizzata dalla scelta dell’uomo, non vedente, di lavarsi alla piscina di Siloe e dal suo improvviso vedere la luce; lui che, da sempre, era stato accompagnato dal buio della cecità.
Che cosa ci predispone ad accorgerci del miracolo? Lo sguardo di Gesù. Infatti il Maestro non vede un cieco; vede l’uomo e gli vuole bene, da subito.
Gesù non vede un malato ma un uomo; i discepoli invece non vedono un uomo ma un caso. Essi vedono ciò che il problema cecità concretamente pone a loro. Non chiedono nulla a quell’uomo, non gli parlano; anzi discutono di lui, davanti a lui; senza nessun rispetto. A volte può succedere anche a noi quando siamo in presenza di persone ammalate.
Il Signore Gesù vede un uomo; non una categoria. Di lui si prende concretamente cura. Ogni discernimento nasce da una liberazione da ogni pregiudizio e dalla scelta di prendersi cura della persona. Gesù si fida e vuole bene a questa persona cieca; colui che non vedeva termina il dialogo con il Signore affermando: “Io credo, Signore!”
Don Peppino