Una musica ci ha parlato per otto giorni. Era il vento, che come un bimbo correva per i colli e giocava con gli ulivi; erano le viti che riposavano dolcemente, sdraiate sui pendii; erano gli alberi, che solenni e amici salutavano dal cielo il nostro passaggio; erano i sassi che tracciavano il nostro cammino, custodi eterni di chissà quanti altri passi; era la voce dei piccoli paesi che ci hanno accolto, con amore antico e fraterno. Questa musica era in ogni cosa, e per otto giorni ha accarezzato l’anima ad otto pellegrini della comunità pastorale di Varese.
Lunedì 2 agosto l’arrivo a Lucca, meravigliosa colonia romana, ha immerso il gruppo in un’atmosfera già nuova e ricca di spirito: la Cattedrale di San Martino e la Basilica di San Frediano sono solo due dei luoghi che hanno subito acceso gli occhi. E poi la sera, quasi a suggellare il miglior prologo alla migliore storia, la cantata improvvisata con un pianista di strada. E’ in quest’entusiasmo che il giorno successivo ha avuto inizio il vero e proprio cammino.
Prima tappa: Altopascio. Paesino tranquillo, luminoso, nel cui ostello abbiamo condiviso la cena con i primi calorosi amici pellegrini. L’alba del mattino seguente, tra i suoi colori, nascondeva già il primo kilometraggio pesante: 30 km che ci avrebbero portati al Convento di San Francesco, presso il piccolo borgo di San Miniato. Accompagnati dalle infinite distese di girasoli, il gruppo ha condiviso sudore, fatica, ma anche la tanta, stanca gioia dell’arrivo.
E allora via, anche il terzo giorno: direzione Gambassi Terme. Il lungo peregrinare è sempre stato abbracciato dal silenzio quasi profetico della campagna toscana, e dai suoi campi sapientemente variopinti. In lontananza si scorgeva qualche mansueto gregge di pecore, che disegnava sui clivi la lenta pace della natura.
Quarta tappa: San Gimignano. Ormai a metà percorso, il gruppo ha conosciuto numerosi pellegrini da tutta Europa. Con loro ci si è sostenuti a vicenda; con loro si sono condivise storie, sorrisi, esperienze. Ed è stata questa l’autentica ricchezza: spinti da motivi diversi, ognuno con i propri pesi sulle spalle e con il proprio futuro nell’animo; ma tutti sulla stessa strada, in uno stupendo intreccio di vite ricamato nel tempo.
E proseguendo in questo viaggio fuori dall’ordinario, si è giunti all’ultimo piccolo borgo medievale prima del traguardo: Monteriggioni. La stanchezza era avvinghiata ai muscoli, le difficoltà piovevano in petto come frecce. Ma questo gruppo ha rivelato grande spirito: sette ragazzi, molti dei quali si sono conosciuti qui per la prima volta, e don Matteo Moda, infaticabile guida spirituale, serbavano una voglia incommensurabile di abbracciarsi stretti di fronte a quel cartello tanto sospirato per 150 km.
Ed il cartello, domenica 8 agosto, è apparso come la carezza di una madre: SIENA. Qui le visite di congedo alla Francigena, e l’incontro con l’Arcivescovo Augusto Paolo Lojudice. Le antiche stradine della città ci hanno accolto come figli, e dopo tanto camminare persino il Duomo pareva sorriderci…
Ebbene, cosa ci si porta a casa? Che la gente è Bella. Perché la meraviglia di questa esperienza è stata la genuinità di condividerla. Perché anche le nuvole, nel loro silenzioso passaggio, amavano ascoltare le risate bambine che correvano da un pellegrino all’altro. E negli sguardi di chi abbiamo incontrato, profondi come la terra e immensi come il cielo, c’era la serenità di sapere che si può condividere il proprio respiro con gli altri.
Siamo tutti pellegrini.
Pietro Nalesso