In mezzo alla confusione una rivelazione. La confusione, un mucchio di messaggi quelli che mando io, quelli che ricevo, un mucchio di rumori, di musiche, un mucchio di cose da fare e non so più da che parte andare e poi la confusione dentro di me, ma io chi sono, ma io cosa servo, ma io merito l'attenzione di qualcuno? La confusione intorno in casa, con tutti che gridano, vanno e vengono e la confusione nel mondo con i messaggi che mi stordiscono e la confusione dentro di me. Ecco in questa confusione passo vicino a un oratorio mi addentro e decido quest'anno di fare l'animatore, l'animatrice. In questa confusione io ricevo una rivelazione. Ecco ho imparato che sono capace di amare, sono capace di prendermi cura degli altri, sono capace di fare del bene. Nella confusione una rivelazione: sono capace di amare.
E nell’oppressione dei miei complessi una rivelazione. Ciascuno di noi, anche tu hai dei complessi, non ti piaci, soprattutto se ti confronti con gli altri ti sembra di essere sempre indietro, inferiore: “ma io non sono bella come quella là”, “ma io non sono simpatico come quello là”, “ma io non sono così sciolto come quello là”, “Ecco io non valgo niente, io non sono capace di fare niente, io tutto quello che faccio è un disastro e i miei genitori si aspettano da me sempre delle cose che poi io non riesco a fare”. Ecco in questo complesso, in questa oppressione di questi sensi di inferiorità e di colpa, una rivelazione. Mi hanno chiamato per fare l'animatore, cioè qualcuno ha stima di me e mi ha chiamato e mi dà fiducia. In mezzo a tutti questi complessi che ci portano a sottovalutarci, una parola di stima dice: “vieni tu sei capace, vieni abbiamo bisogno di te, vieni ti affidiamo i ragazzi della tua squadra” e in mezzo alla precarietà una rivelazione. La precarietà dice: “ma oggi sono pieno di entusiasmo che bello vivere il giorno” dopo dice: “che schifo la vita ma io non ho voglia di fare niente!”. “Oggi sono pieno di amore e vorrei abbracciare tutto il mondo!” e il giorno dopo dico: “ma come sono antipatici tutti, ma io non li sopporto, ma io non posso più avere un rapporto senza litigare con mio fratello, con mia mamma o con il mio compagno di scuola”. In mezzo a questa precarietà una rivelazione. L'impegno che ti prendi dura perché sai che c'è qualcuno che si aspetta da te un servizio, una presenza, un sorriso.
Ecco questo Samaritano, che non sappiamo da dove veniva e dove andasse, di cui non sappiamo niente. Secondo me era come un adolescente che passava nella strada della vita ed era confuso, non sapeva bene cosa stava succedendo, ha visto un poveraccio e se ne è preso cura e ha scoperto di essere capace di amare. Questo Samaritano era uno che siccome era un Samaritano si sentiva sempre giudicato, gli altri lo guardavano con un pregiudizio, lo disprezzavano. Ecco lì un Samaritano. Ma questo Samaritano ha visto un uomo ferito, se ne è preso cura, l'ha portato fino a un ricovero, si è preso cura di lui e ha sentito il bisogno dell'altro come una vocazione: “questo tale si fida di me, accetta le mie cure” e questo Samaritano era uno che andava in giro chissà a far che cosa, una volta era onesto, un'altra volta rubava, una volta voleva rispettare la legge di Dio, un'altra volta bestemmiava Dio, ma poi ha visto un uomo abbandonato al ciglio della strada e se n'è preso cura e ha capito che prendersi cura degli altri non è il capriccio di un giorno, non è uno slancio di generosità, ma un impegno che deve attraversare il tempo, che deve diventare vocazione. Gesù ha raccontato oggi questa parabola per noi, per dirci che nella confusione se noi ci dedichiamo a prenderci cura degli altri, comprendiamo di essere capaci di amare. Gesù dice: “Io ti chiamo con la voce di un poveraccio che ha bisogno di te” e noi scopriamo
che siamo autorizzati ad avere stima di noi stessi. Perché Gesù mi chiama per nome e in mezzo alla precarietà di un mondo che cambia, sempre noi ci rendiamo conto che la dedicazione a prenderci cura degli altri non ci può impegnare finché abbiamo voglia, ma finché gli altri si aspettano qualcosa da me lì sulla strada. C'è Gesù che un giorno ti dirà: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare, ero malato e sei venuto a trovarmi, avevo bisogno di un conforto e mi hai confortato”.