Continuiamo la breve rassegna dedicata al tema della Chiesa, vista nelle sue caratteristiche essenziali. Nell’incontro precedente abbiamo puntato i fari sulla nascita del nostro credere la Chiesa così come professiamo nel “Credo”. Riassumendo quanto visto in quella riflessione potremmo ripartire da questi punti:
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Il credo di Costantinopoli: professare la fede in un cambiamento d’epoca
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La fede cristiana: una nuova religione che si impone sulle religioni precedenti?
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Il paradosso della croce: fallimento o compimento?
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L’umanità che ama cibarsi dei frutti offerti dal serpente è invitata a dissetarsi dei frutti dello Spirito di Gesù. Che la fanno diventare Chiesa.
Ora la seconda tappa: l’unità della Chiesa
Credo la Chiesa una
Il credo di Nicea Costantinopoli è promulgato nel momento in cui la grande chiesa si scopre divisa in più fazioni, ciascuna con un insegnamento diverso sull’identità di Gesù e sull’identità dello Spirito Santo. Nel credo si afferma che le divisioni non sono volontà di Gesù Cristo, che prega incessantemente il Padre che i suoi discepoli siano una sola cosa. L’unità della chiesa, come le altre caratteristiche sono un dono di Dio e un compito umano, esistono già nella Chiesa ma non sono ancora compiute in modo definitivo.
Vie per incontrare il desiderio/bisogno dell’umanità di crescere nell’unità
Discernere tra unità secondo il Vangelo e secondo il mondo.
- Falsa unità: capro espiatorio, cercare un nemico comune, uniformità
- Vera unità: sequela di Gesù, comunione delle differenze, riconciliazione
Strade per raggiungere la piena unità tra cristiani (e tra cattolici).
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Pregare insieme
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Lavorare insieme
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Camminare insieme
Un consiglio autorevole. Udienza di papa Francesco del 27 Agosto 2014.
«Tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). La Chiesa ha cercato fin dall’inizio di realizzare questo proposito che sta tanto a cuore a Gesù. Gli Atti degli Apostoli ci ricordano che i primi cristiani si distinguevano per il fatto di avere «un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32); l’apostolo Paolo, poi, esortava le sue comunità a non dimenticare che sono «un solo corpo» (1 Cor 12,13). L’esperienza, però, ci dice che sono tanti i peccati contro l’unità. E non pensiamo solo agli scismi, pensiamo a mancanze molto comuni nelle nostre comunità, a peccati “parrocchiali”, a quei peccati nelle parrocchie. A volte, infatti, le nostre parrocchie, chiamate ad essere luoghi di condivisione e di comunione, sono tristemente segnate da invidie, gelosie, antipatie... E le chiacchiere sono alla portata di tutti. Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! Questo non è buono. Ad esempio, quando uno viene eletto presidente di quella associazione, si chiacchiera contro di lui. E se quell’altra viene eletta presidente della catechesi, le altre chiacchierano contro di lei. Ma, questa non è la Chiesa. Questo non si deve fare, non dobbiamo farlo! Bisogna chiedere al Signore la grazia di non farlo. Questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci accomuna.
Una volta, nell’altra Diocesi che avevo prima, ho sentito un commento interessante e bello. Si parlava di un’anziana che per tutta la vita aveva lavorato in parrocchia, e una persona che la conosceva bene, ha detto: «Questa donna non ha mai sparlato, mai ha chiacchierato, sempre era un sorriso». Una donna così può essere canonizzata domani! Questo è un bell’esempio. E se guardiamo alla storia della Chiesa, quante divisioni fra noi cristiani. Anche adesso siamo divisi. Anche nella storia noi cristiani abbiamo fatto la guerra fra di noi per divisioni teologiche. Pensiamo a quella dei 30 anni. Ma, questo non è cristiano. Dobbiamo lavorare anche per l’unità di tutti i cristiani, andare sulla strada dell’unità che è quella che Gesù vuole e per cui ha pregato.
Di fronte a tutto questo, dobbiamo fare seriamente un esame di coscienza. In una comunità cristiana, la divisione è uno dei peccati più gravi, perché la rende segno non dell’opera di Dio, ma dell’opera del diavolo, il quale è per definizione colui che separa, che rovina i rapporti, che insinua pregiudizi... La divisione in una comunità cristiana, sia essa una scuola, una parrocchia, o un’associazione, è un peccato gravissimo, perché è opera del Diavolo. Dio, invece, vuole che cresciamo nella capacità di accoglierci, di perdonarci e di volerci bene, per assomigliare sempre di più a Lui che è comunione e amore. In questo sta la santità della Chiesa: nel riconoscersi ad immagine di Dio, ricolmata della sua misericordia e della sua grazia.